Allevamento in gabbia e sistemi senza gabbie : L’onda lunga del movimento Basta Animali in Gabbia si avverte, senza dubbio, ma non è ancora sufficiente.
Non solo i suini e i vitelli, ma anche le galline hanno il diritto di non essere rinchiuse in gabbia; infatti, sono migliaia le aziende in tutto il mondo che hanno deciso di prendere ufficialmente le distanze dalla pratica dell’allevamento in gabbia per le ovaiole.
In Italia, a differenza di oltre 150 aziende che hanno reso pubblico il loro impegno a non rifornirsi di uova provenienti da allevamenti con galline rinchiuse in gabbia un impegno formalizzato attraverso la sottoscrizione di rinuncia
Il Gruppo Veronesi, comprendente AIA, Amadori, Ovofast, Cascina Italia e Parmovo, così come Granarolo, che ha investito negli ultimi anni in alternative vegetali, non presenta sul proprio sito alcun impegno relativo alle uova con il proprio marchio.
Eurovo, Sabbatini e Coccodì hanno preso un impegno fondamentale per effettuare una transizione verso sistemi senza gabbie.
All’interno delle gabbie, le galline dispongono di uno spazio vitale pari a quello di un foglio A4.
Senza possibilità di esprimere alcun comportamento naturale, queste sono costrette a vivere stipate insieme ad altri animali affrontando sofferenze estreme.
Secondo l’ultimo Eurobarometro promosso dalla Commissione Europea nel 2023,
In Italia il 90% degli intervistati ritiene fondamentale tutelare il benessere degli animali allevati;
E in particolare riguardo alle galline ovaiole il cui benessere è considerato insufficiente dal 47% degli intervistati.
La stessa percentuale dichiara inoltre di essere disposta a pagare un prezzo maggiore per prodotti derivanti da sistemi di allevamento più rispettosi del benessere animale.
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