Ottobre 13, 2024

Sensori di luce dello smartphone e hacker

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Sensori di luce dello smartphone e hacker

I sensori di luce presenti in numerosi dispositivi mobili potrebbero, in un futuro prossimo, essere sfruttati per monitorare le nostre attività e potenzialmente appropriarsi di PIN e codici sensibili.
Negli ultimi anni, gli smartphone si sono evoluti fino a diventare un’estensione del nostro corpo.
Li utilizziamo per comunicare con persone lontane, visualizzare video o prendere appunti; tuttavia, fungono anche da strumenti attraverso cui eseguiamo pagamenti e operazioni bancarie.
Uno studio pubblicato dai ricercatori del Massachusetts Institute of Technology ha identificato una vulnerabilità comune a molti dispositivi,
che potrebbe essere utilizzata in futuro da malintenzionati per tracciare le nostre attività e possibilmente sottrarre PIN e codici riservati. Ci riferiamo specificamente ai sensori di luce.

Quando interagiamo con qualsiasi funzione del nostro telefono, come la fotocamera o il microfono,il software generalmente richiede un’autorizzazione all’utente.
Ciò non accade per i sensori ambientali che rilevano i livelli di illuminazione circostante e regolano di conseguenza la luminosità dello schermo.
Lo studio condotto dal team del MIT ha analizzato questa problematica sviluppando un algoritmo capace di utilizzare le variazioni luminose catturate dai sensori per ricostruire il percorso delle nostre dita nelle vicinanze dello schermo.

L’algoritmo è stato testato su un tablet Android in diversi contesti: avvicinando al dispositivo una mano reale, quella di un manichino e infine un ritaglio di cartone.

In tutti e tre i casi, il software è riuscito a ricostruire le sagome delle dita, sebbene risultassero leggermente sfocate.
Tuttavia, la buona notizia risiede nei tempi richiesti per tale operazione.
Attualmente sono necessari circa 3 minuti e 18 secondi per rielaborare ciascuna immagine, un intervallo sufficientemente lungo,
per impedire a chiunque tentasse di ottenerle di tenere il passo con la rapidità necessaria all’interazione con il nostro smartphone.
È comunque ragionevole ipotizzare che affinando l’algoritmo si possa giungere in futuro a una restituzione più definita e tempestiva delle immagini ricostruite.

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