Maggio 14, 2024

Manicomi, la rivoluzione della salute mentale di Franco Basaglia

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Manicomi, la rivoluzione della salute mentale di Franco Basaglia

La Legge Basaglia, approvata 46 anni fa determinò la chiusura dei manicomi ciò che rimane di quella rivoluzione è un ritorno alla sovrapposizione eccessiva di farmaci. La legge entrò in vigore il 13 maggio 1978. Franco Basaglia desiderava una cura della salute mentale basata sul rispetto della dignità umana. Rappresentava una voce fuori dal coro e continua ad esserlo

Il 13 maggio del 1978, veniva promulgata quella che tutti conoscono come “legge Basaglia” intitolata esattamente “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” (n.180 del 13 maggio 1978)

Prevedeva nella pratica la chiusura dei manicomi che avvenne qualche anno dopo, dava vita alla psichiatria territoriale o comunitaria, in cui i pazienti non erano più costretti negli ospedali psichiatrici ma vivevano all’interno delle comunità terapeutiche o delle loro famiglie.

Franco Basaglia aveva ideato questa legge sebbene fosse stata basandosi sulle sue esperienze a Gorizia e successivamente a Trieste, dove aveva sperimentato la sua psichiatria fenomenologica che si contrapponeva nettamente alla tradizionale.

Il suo insegnamento aveva aperto un percorso che sarebbe stato sicuramente rivoluzionario e pionieristico nel mondo.

Basaglia intendeva la psichiatria come una relazione con un soggetto dotato di diritti e di una propria soggettività, prendendosene cura attraverso una rete di relazioni comunitarie sul territorio.

Il problema non risiede nella sofferenza mentale, bensì nell’emergere di un sistema di relazioni. Invece di curare questo aspetto, si è deciso di tornare a ricorrere agli ospedali e ai farmaci.

Le esperienze che resistono e che avrebbero dovuto essere sviluppate ulteriormente, come quella di Trieste, sono sotto attacco politico perché si intende smantellare quel sistema che continua grazie alla buona volontà di alcuni individui. Pertanto, meno farmaci ma più contatti sociali sarebbero necessari, anche se la formazione dei nuovi psichiatri sembra orientata verso il primo metodo.

La situazione sta addirittura peggiorando le risorse sono insufficienti, mancano operatori e la presa in carico della maggior parte delle persone non avviene.

Esistono buone pratiche nate con la legge Basaglia, tutta la normativa successiva e il piano nazionale per la salute mentale, ma i bisogni della popolazione sono in aumento, soprattutto tra i minori e gli adolescenti.

Spesso i servizi vengono accorpati e i Centri di Salute Mentale faticano ad essere aperti dalle 8 alle 20, figuriamoci se rimanessero aperti 24 ore al giorno.

Qualcosa funziona nelle grandi città, ma l’Italia è piena di piccoli paesi dove c’è solo un ambulatorio e gli operatori devono spostarsi continuamente”.

L’attenzione si concentra esclusivamente sull’utilizzo dei farmaci mentre la parte riabilitativa lascia molto a desiderare. Mancano le risorse per la formazione degli operatori, aspetto fondamentale per garantire una presa in carico adeguata secondo il piano nazionale per la salute che si basa sulla prevenzione, cura, riabilitazione ed inserimento sociale. Invece le famiglie si trovano spesso sole come nel 1981 quando ancora non esistevano servizi territoriali.

Ridare dignità alla persona, in alcune strutture si sta ricorrendo nuovamente all’elettroshock come alternativa quando i farmaci presentano controindicazioni per i pazienti. Ma agendo in questo modo, la reintegrazione sociale del paziente rimane un’illusione

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