Marzo 28, 2024

Operatori sanitari licenziati per fine emergenza

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Chiamati a prestare servizio in una situazione di piena emergenza legata al Covid, in contesti ad alto rischio di contagio come carceri e case di riposo, e successivamente sospesi dall’incarico.

Questo è ciò che è accaduto a 1.500 operatori sanitari che, nell’aprile del 2020, furono reclutati dalla protezione civile attraverso un’apposita selezione su tutto il territorio italiano.

In quel momento, il Paese si trovava appena immerso nel caos pandemico. Gli Operatori Socio-Sanitari coinvolti avrebbero dovuto lavorare fino al presunto termine dello stato di emergenza, fissato al 31 luglio 2020 secondo quanto indicato nel bando.

Tuttavia, come ben sappiamo, l’emergenza ha continuato ben oltre tale data, concludendosi ufficialmente solo il 31 marzo 2022.

Alcuni dei 1.500 operatori hanno proseguito nel loro lavoro anche dopo quella data, accumulando tra i 18 e i 32 mesi di servizio effettivo.

Durante questo il periodo “Covid” hanno operato in turni che includevano anche notti lavorative, identificandosi tramite appositi badge e timbrando i cartellini all’inizio e alla fine della giornata; spesso con un solo giorno libero settimanale.

Pur essendo dipendenti statali a tutti gli effetti, per anni non hanno ricevuto uno stipendio regolare ma solo rimborsi spese, senza contributi previdenziali versati correttamente.

Si tratta di una situazione burocratica comprensibile nei primi mesi dell’emergenza sanitaria ma che avrebbe dovuto essere risolta nelle fasi successive. Il vero colpo da parte dello Stato è stato inflitto agli operatori quando hanno formulato la richiesta di essere assunti in modo stabile.

La sanità italiana si regge sui precari

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