Gennaio 16, 2025

I carboidrati a basso indice glicemico

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I carboidrati a basso indice glicemico

I carboidrati a basso indice glicemico:

Esistono parecchi motivi per cui è consigliabile optare per fonti di carboidrati a basso indice glicemico.

Innanzitutto, tali fonti provocano un aumento della glicemia (ovvero il livello di glucosio nel sangue) più graduale.

Questa considerazione non riguarda esclusivamente le persone affette da diabete: i carboidrati a basso indice glicemico offrono una maggiore sazietà,

poiché rilasciano energia in modo lento e, essendo ricchi di fibre, favoriscono la salute intestinale migliorando la motilità.

Rispetto ai carboidrati ad alto indice glicemico, tendono ad essere più ricchi di micronutrienti come vitamine e minerali. Infine, contribuiscono a ridurre il carico glicemico complessivo del pasto, rendendolo più leggero e salutare,

e limitando l’assorbimento degli zuccheri, che possono influenzare anche l’aumento di peso.

Il concetto di indice glicemico è stato introdotto negli anni ’80; da quel momento in poi i cibi sono stati classificati in base al loro impatto sulla glicemia.

In generale, gli alimenti con un indice intorno a 50 sono considerati a basso indice glicemico,

mentre quelli superiori a 70 sono classificati come ad alto indice glicemico.

Non sono gli alimenti stessi a causare iperglicemia; la questione dipende dalla quantità consumata e dalle combinazioni durante la giornata, ovvero dal carico glicemico dei pasti.

Ad esempio, consumare pane bianco isolatamente provoca un innalzamento della glicemia,

molto più rapido rispetto al medesimo pane accompagnato da verdure ricche di fibre che rallentano l’assorbimento degli zuccheri nel sangue.

L’esempio del pane bianco è significativo: insieme alle patate e al riso bianco bollito, così come frutti quali banane, anguria e uva, rappresenta alcune delle fonti di carboidrati con il più alto indice glicemico.

In linea generale, i carboidrati con un indice glicemico inferiore sono quelli integrali: pasta, pane e cracker realizzati con farine non raffinate.

Le farine raffinate utilizzate in molti prodotti da forno industriali hanno un indice glicemico superiore,

e contengono maggior quantità di zuccheri che sarebbe opportuno limitare o evitare completamente.

Per quanto riguarda la frutta (che insieme alla pasta e al pane costituisce una delle principali fonti di carboidrati),

i frutti di bosco, le ciliegie e gli agrumi si collocano tra quelli con il più basso indice glicemico.

Esistono eccezioni: una buona pasta di grano duro presenta un indice glicemico relativamente contenuto e può costituire la base per un pasto completo e bilanciato se abbinata a verdure e fonti proteiche.

Inoltre vi sono formati specifici di pasta non integrale che presentano un indice glicemico inferiore rispetto agli altri: è il caso degli spaghetti.

La pasta realizzata con legumi ha un indice glicemico molto basso poiché contiene pochissima o nessuna farina. È importante prestare attenzione alla pasta fatta con farina di mais: essa ha uno dei valori più elevati.

Consumare un piatto preparato con farina di mais equivale sostanzialmente a mangiare riso bianco bollito.

Anche se si considera il riso basmati: questo presenta un indice inferiore rispetto al riso bianco ma migliora ulteriormente se scelto nella varietà integrale. Come alternative si possono considerare gli pseudocereali come quinoa, grano saraceno ed amaranto.

La stessa logica vale per il pane: le varietà artigianali prodotte con farine non raffinate risultano oltre che più nutrienti anche avere un indice glycemico generalmente inferiore rispetto ai prodotti industriali confezionati.

Naturalmente la soluzione non consiste nell’eliminare completamente pane, pasta o lievitati dalla dieta; ciò che conta è saper scegliere consapevolmente ed equilibrare i pasti evitando abusi.

È fondamentale sottolineare che i carboidrati devono sempre essere inclusi nell’alimentazione quotidiana affinché l’organismo disponga dell’energia necessaria per funzionare correttamente: secondo le linee guida fornite dal Ministero della Salute, nella dieta quotidiana i carboidrati dovrebbero costituire tra il 45% ed il 65% dell’apporto calorico totale.

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