Inquinamento. La prossima volta che andrete in vacanza al mare, dedicate qualche minuto ad osservare ciò che si trova sotto i vostri piedi.
Anche sulla spiaggia più curata, tra conchiglie, alghe, pietre e sabbia, troverete inevitabilmente della plastica.
Talvolta la plastica sarà facilmente riconoscibile, presentandosi sotto forma di un frammento di bottiglia o di un sacchetto.
Spesso incontrerete delle piccole sfere colorate, note come microplastiche.
Ogni singola spiaggia e ogni tratto di costa nel mondo, da Riccione alle Hawaii, è attualmente invaso da queste plastiche dannose.
Si stima che ci siano cinque miliardi di particelle di plastica con dimensioni inferiori ai 5 mm presenti nei mari.
Per un peso complessivo di circa 270.000 tonnellate. proveniente da microsfere inserite nei bagni schiuma gel doccia, pulitori per il viso, dentifrici e prodotti di cosmetica.
Il resto deriva da residui di sacchetti di plastica, reti e lenze da pesca abbandonate o pneumatici usurati.
A questo punto ormai la plastica è una vera e propria minaccia per la fauna marina, di tutti i tipi, nettamente superiore alle fuoriuscite di petrolio.
Le barriere coralline sono state devastate; il numero dei delfini morti è triplicato e gli spiaggiamenti delle tartarughe marine sono aumentati.
L’impatto delle microplastiche potrebbe rivelarsi ancora più grave nel lungo termine.
La questione dell’inquinamento da plastica è che non scompare.
Una volta presente negli oceani risulta molto più difficile da rimuovere rispetto al petrolio.
Il petrolio è un prodotto biologico suscettibile alla degradazione da parte dei microbi; la plastica non lo è.
Sia il petrolio che la plastica hanno conseguenze ambientali significative, sull’inquinamento.
Tuttavia, il petrolio risulta meno dannoso nel lungo periodo poiché esistono batteri capaci di degradarlo.
Il petrolio può permanere in mare per alcuni mesi, contrariamente ai centinaia di anni richiesti dalla plastica per scomparire completamente.
Esistono evidenze convincenti secondo cui le minuscole particelle di plastica ostacolano la crescita degli animali che le ingeriscono.
In particolare delle piccole creature fondamentali nella catena alimentare come vermi, plancton, cozze e ostriche.
Ogni piatto di cozze servito contiene tra 20 e 50 microsfere.
Il danno diretto causato dall’ingestione della plastica rappresenta solo una parte del problema.
Le microsfere e altre microplastiche si dimostrano eccellenti nell’assorbire inquinanti tossici immessi nell’atmosfera e nei mari dalle attività umane sin dalla Rivoluzione Industriale.
Molte di queste tossine sono indicate come POP (inquinanti organici persistenti).
Sottoprodotti derivanti da fabbriche, centrali elettriche e pratiche agricole. Si tratta di sostanze chimiche vietate ormai da tempo.
Le quali hanno mostrato evidenze nel provocare cancro e contribuire alla sterilità oltre a malformazioni congenite.
Gli scienziati sono consapevoli del fatto che tali tossine migrano dall’acqua marina agli organismi animali.
Ciò che rimane incerto è se tali tossine possano trasferirsi dalla plastica agli animali stessi; qualora fosse così, quale impatto avrebbero sulla loro salute.
Inoltre resta ignoto se l’esposizione a queste tossine nella fauna ittica possa nuocere all’uomo aumentando il rischio di cancro e infertilità.
Post Views: 52