Esiste una porzione del Sud America significativamente ribattezzata Repubblica Unita della Soia.
Questa regione che si estende per gran parte del Brasile, quasi interamente dell’Argentina e in ampie zone di Bolivia,
Ha assunto tale denominazione a seguito di una campagna pubblicitaria lanciata dalla multinazionale svizzera Syngenta,
Acquisita nel 2017 dalla cinese Chem China, leader mondiale nella commercializzazione di semi /pesticidi.
Fino a cinquant’anni orsono, le coltivazioni in questi luoghi erano estremamente variegate, attualmente
E’ la soia a dominare il panorama agricolo, espandendosi su vastissime aree destinate alla monocoltura di questo legume.
Tale situazione è determinata dall’enorme richiesta internazionale.
Nel solo Stato del Mato Grosso, situato nel Brasile meridionale immediatamente a sud dell’Amazzonia.
E’ stata istituita una zona in cui attualmente sono destinati alla coltivazione della soia ben 7 milioni di ettari.
Il cambiamento avvenuto in questa area definita dagli abitanti come cerrado non è stato frutto di processi naturali.
Ma il risultato di una riconversione del suolo mirata a rendere il terreno idoneo alla coltivazione della soia.
Per perseguire tale obiettivo sono state adottate tecniche invasive e impiegati concimi e pesticidi chimici.
Che hanno avuto per sempre un impatto drastico sull’ambiente di questa regione dell’America Latina.
Attualmente, il Brasile produce circa 120 milioni di tonnellate all’anno di soia ed è il principale consumatore mondiale di pesticidi.
È fondamentale chiarire sin da subito che l’aumento della domanda non risulta essere correlato all’incremento nell’utilizzo del legume nelle dietetiche vegane e vegetariane.
Al contrario, la motivazione si deve ricercare esattamente nel suo opposto nella vertiginosa diffusione della carne sulle tavole globali.
Tuttavia, sebbene molti siano ignari riguardo a ciò, per nutrire gli animali dai quali traiamo sostentamento è necessario produrre un’enorme quantità di soia.
Principalmente OGM. Essa rappresenta infatti un alimento essenziale in tutte le forme di allevamenti intensivi.
Grazie all’elevatissima concentrazione proteica ad alto valore biologico e alla presenza degli aminoacidi limitanti, tra cui spicca la lisina.
Da sottolineare che i mangimi per i maiali contengono fino al 20% di semi oleosi derivanti da questo legume.
La coltivazione della soia necessaria per alimentare tali animali richiedeva e continua a richiedere vaste aree terriere. Grandi industrie internazionali, in particolare la Cina, incentivano gli agricoltori globali a modificare le proprie pratiche agricole.
Per tali motivi, nonostante la sua politica spesso autarchica riguardo alle importazioni.
Pechino ha dovuto liberalizzare l’importazione di soia attingendo principalmente dal mercato latinoamericano e statunitense.
La scelta da parte della Cina ha portato gli Stati latinoamericani e i produttori di soia, ad aumentare in maniera esagerata la coltivazione già elevata.
Per realizzare tale obiettivo, la frontiera agricola brasiliana si è progressivamente spostata verso nord erodendo gradualmente porzioni significative della foresta amazzonica.
Bolsonaro aveva ottenuto il successo elettorale principalmente grazie al sostegno dei grandi produttori di soia ai quali ha garantito libero accesso allo sfruttamento delle terre locali privando così gli indigeni residenti in quelle aree delle loro risorse vitali.
Se la tendenza al consumo carnivoro non subirà riduzioni significative nei prossimi anni, entro il 2050 sarà necessario destinare due terzi delle terre coltivabili alla produzione di soia.
Le conseguenze sul nostro pianeta potrebbero rivelarsi devastanti.
La biodiversità rischierà di cedere il passo a distese monoculturali mentre l’Amazzonia polmone vitale della Terra scomparirà progressivamente pezzo dopo pezzo.
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