Giugno 17, 2024

Vivisezione e sperimentazione animale sempre in silenzio

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Vivisezione e sperimentazione animale sempre in silenzio

Se ne parla sempre poco, o meglio non se ne parla per niente, e forse fa comodo non vedere.

La vivisezione non solo risulta del tutto superflua, ma è anche scientificamente inutile non di rado dannosa e crudelmente disumana verso gli animali.

Una spiegazione fondamentale sul perché la vivisezione, o sperimentazione animale, non costituisce una pratica scientifica efficace per l’avanzamento della scienza.

La vivisezione uccide il topo, senza tuttavia salvare il bambino.

Per vivisezione o sperimentazione in vivo si intende qualsiasi esperimento condotto sugli animali.

Pertanto, tutti gli esperimenti effettuati su animali nei laboratori sono considerati come vivisezione.

Ogni anno, solo in Italia, vengono impiegati circa 800.000 animali per prove ripetitive e inutili che risultano inefficaci per la salute umana, richieste ancora da leggi antiquate e superate.

Questi stessi test vengono successivamente ripetuti con diverse forme e tempistiche sui destinatari finali dei prodotti sperimentali: noi esseri umani.

Settori quali l’industria chimico-farmaceutica, cosmetica, bellica e istituti di ricerca pubblici e privati, nonché le università stesse, utilizzano la vivisezione.

Ciò avviene anche grazie ai generosi finanziamenti statali che consentono l’immissione sul mercato di migliaia di sostanze che successivamente si rivelano tossiche e nocive per la salute umana.

Tali dannosità vengono riconosciute solo dopo mesi o anni a causa dei danni arrecati all’essere umano.

Tuttavia, grazie alla sperimentazione sugli animali, tali sostanze erano state garantite come innocue.

La legge attualmente in vigore, ha rivelato l’esistenza di oltre 600 laboratori di sperimentazione animale solamente in Italia.

I controlli sono praticamente inesistenti e nessuno si preoccupa mai di valutare l’opportunità e la “necessità” delle sperimentazioni autorizzate o notificate.

Principalmente topi e ratti ma anche gatti, cani, primati non umani, porcellini d’India, mucche, suini, cavalli, pecore, capre, piccioni, furetti, rettili, pesci e uccelli,

vengono utilizzati per la vivisezione. Tuttavia, nessuna specie può essere considerata un modello sperimentale per un’altra specie.

I medici che si oppongono alla vivisezione partono dalla semplice e oggettiva constatazione che gli animali non rappresentano modelli sperimentali adatti per l’uomo a causa delle loro profonde differenze rispetto a noi dal punto di vista biologico, fisiologico, genetico ed anatomico.

Risulta impossibile effettuare estrapolazioni dei dati tra una specie e l’altra.

Ciò che tutte le specie hanno in comune è la loro natura senziente: provano paura, dolore e ogni altra emozione e sensazione.

Paradossalmente però, proprio questa unica similitudine viene negata dai sostenitori della vivisezione.

Per lo sviluppo dei farmaci, dopo i test sugli animali si passa ai test sugli esseri umani indipendentemente dal risultato ottenuto sugli animali,

anche se si sono riscontrati effetti collaterali dannosi per una o più specie. Inizialmente vengono coinvolti volontari sani per verificare gli effetti collaterali che vengono retribuiti generosamente e spesso non sono consapevoli dei pericoli a cui si espongono, successivamente vengono coinvolte persone malate in ambito clinico per valutare l’efficacia del farmaco.

Alla fine, il vero cavia risulta essere il consumatore finale nei primi anni di commercializzazione del farmaco che potrebbe poi essere ritirato dal mercato se considerato dannoso.

Gli esperimenti condotti sugli animali non solo non sono necessari né utili, ma spesso risultano dannosi poiché portano a risultati fuorvianti o inutilizzabili che creano un falso senso di sicurezza per le successive sperimentazioni sull’uomo.

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