Aprile 16, 2024

L’impatto ambientale dello sfruttamento animale

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Importazione L'impatto ambientale dello sfruttamento animale

Questa separazione causa traumi sia nella madre che nel figlio, che mugghiano disperatamente per giorni alla ricerca l’uno dell’altro.

I cuccioli maschi sono destinati ad una vita breve:

vengono uccisi per i loro sottoprodotti e per la carne di vitella, molto apprezzata sul mercato per la sua tenerezza.

Ottenuta tramite l’immobilizzazione totale o parziale del vitello, che impedisce lo sviluppo dei tessuti muscolari attraverso il movimento; oltre a una dieta artificiale priva di ferro che li rende anemici. Le femmine subiscono invece la stessa sorte delle madri.

Il consumo di carne e prodotti derivati è anche responsabile di nuovi disastri ambientali, come ad esempio nell’Amazzonia,

dove l’80% della deforestazione è causato dall’espansione degli allevamenti e delle coltivazioni destinate al bestiame.

Le politiche neo-liberiste del governo Bolsonaro hanno favorito, attraverso deregolamentazione e clientelismo, un rapido aumento dei tassi di deforestazione nell’area amazzonica.

Con la deforestazione si arriva ad una enorme perdita di biodiversità, tantissime specie a grandissimo rischio estinzione.

In aggiunta all’alterazione degli equilibri ecologici, con conseguenze globali notevoli,

diversi milioni di animali senzienti hanno perso o perderanno la vita a causa degli incendi appiccati nella regione amazzonica per liberarsi della foresta e per la distruzione del loro spazio naturale

L’Italia contribuisce alla deforestazione amazzonica importando 1,5 milioni di tonnellate di soia e 30.000 tonnellate di carne bovina ogni anno, posizionandosi come il secondo importatore europeo dopo l’Inghilterra.

Prodotti come la bresaola della Valtellina IGP sono realizzati con carne proveniente da zebù brasiliani.

Per garantire gli standard biologici negli spazi attualmente utilizzati per l’allevamento, sarebbe necessario allevare solo un cinquantesimo del numero attuale di animali allevati.

Se mucche, polli, galline, pecore e conigli in Italia venissero allevati secondo principi biologici, saremmo costretti a occupare una superficie di circa 5 milioni di ettari, equivalente all’unione delle regioni Lombardia e Piemonte.

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